Nato a Padova il 05/03/43 comincio a lavorare piuttosto tardi, intorno ai 27 anni, e ho la fortuna di essere incoraggiato a cominciare da Tono Zancanaro, che qui a Padova è lietamente un "monumento" e che avete visto in una grande antologica anche a Milano proprio recentemente.

Lo stesso Tono mi scrive una bellissima presentazione per la prima mostra personale, che tengo a Padova, alla Galleria "al Centesimo" nel Febbraio ' 77.

Alla fine dello stesso anno, seconda personale, abbastanza prestigiosa, all'"Accademia dei Concordi" a Rovigo.

In seguito partecipo a numerose mostre collettive in varie città italiane.

Partecipo poi a rassegne del tipo "Umoristici a Marostica" e "Human Graffiti".

Nel '79 Pubblico, con 13 illustrazioni, del volumetto "Veglia a tre voci" di G. Segato edito da Zuick press group- Poesia.

Recensioni critiche del mio lavoro su "Il Gazzettino" e "il Riso del libro", nonché sul n° 87 di "D'Ars, periodico di arte contemporanea.

Carlo Zara bozza lettera fine anni 70 primi anni 80 (?)

Ogni tempo, si sa, ha fatti suoi e suoi costumi. Nel nostro tempo, (e per età io posso parlare di tutto questo secolo) ho sentito parlare di guerra dall'età di 5 anni, e da allora come è continuato il discorso ?

Guerra o preparazione di una qualche guerra.

E quando non c'era o non c'è guerra, il Cile fascista e i tanti svariati Cile dove massacrano senza sosta; riempiendo la terra di torture e di assassini vari. Anche solo a restare nel nostro paese - (la nostra bella Italia) - come è stato "ridotto"; e che faccia ha se non quella della tumefazione che di solito precede disastri anche più neri, più feroci, più immondi ? E chi l'ha ridotto in questo stato - più di 60 anni di guerre variamente orchestrate - questo nostro Paese, questo nostro tempo, se non la balda borghesia - variamente colorata di nero nefasto - e che tuttora ci governa, tuttora "dirige" il nostro Paese.

In questo poco allego preambolo direi che c'è tutto il segreto e i relativi risultati dell'opera grafica di Carla Zara- carica di sarcasmo e rabbia.

Bisognerebbe dire qualche cosa sul perché tanta "rabbia", di tanto sarcasmo, ma credo più che sufficiente richiamare l'attenzione sulle note relative alla "faccia" al "vestito" che da circa un secolo questa nostra società porta con tanta disinvoltura, coprendo il mondo - la terra-, il nostro Paese compreso - la nostra vita - di rovine senza fine con l'implicita promessa del peggio.

Due parole, è ovvio, vanno dette sui risultati "d'arte" raggiunta dal nostro giovane artista - (Zara è proprio ai primi passi come attività in pratica, con rapporti concreti con il pubblico) - quei risultati che, in realtà, giustificano queste nostre parole.

Si può senz'altro affermare che Carlo Zara ha toccato "dentro", magari con una maschera spesso angelica - umoristica - momenti -accenti - di mostri veri e propri; vere maschere che con estrema chiarezza centrano la faccia del nemico.

Il mostro, cioè; spesso espresso con "campi" bianchi che suggeriscono per magia del timbro sarcastico, le note più intense del nero corrosivo, se non macabro.

I "fogli" di C.Z. ci ritornano sulla carta un bel coro di quegli eroi borghesi che hanno ridotto il nostro tempo alla - maschera veramente paurosa.

Tono Zancanaro (pittore) Galleria "Al Centesimo" Padova 1977

ROVIGO: ACCADEMIA DEI CONCORDI

Carlo Zara aggredisce la realtà con rabbia: il segno graffiante non lascia margine neppure all'ironia, allo sberleffo in cui si scaricano le tensioni, ma, asciutto e drammatico, instaura con il "fruitore" una specie di fitto dialogo che lascia sempre presagire, aldilà del già espresso e pronunciato, ulteriori e più gravi tragedie. Proprio in questo esplicito alludere al dopo, al domani in cui tutti diveniamo responsabili, la grafica di Zara si carica di forte capacità commotiva e mobilitante in merito al presente, qui e ora, per evitare il peggio, la distruzione dell'umano. Colpisce e radiografa, sulla scorta di una intima convinzione e di una curata analisi ideologica, tutti i "segni" del potere, investiti del loro specifico (il militare, il politico, il religioso, il borghese), ne squarcia ogni velo di illusione afferrando immagini che tutti, di quando in quando, abbiamo visto nella nostra mente durante sogni orribili o, più spesso, suggestionati dalla lettura del quotidiano, La denuncia di Zara è esplicita, diretta al ventre dello spettatore quanto si conviene in un momento di grave vuoto di consapevolezza politica e di vacanza di certezze sociali e morali.

Giorgio Segato (critico d'arte, scrittore) D'Ars Periodico d'arte contemporanea anno XIX, n. 87 1978

Carlo Zara ci riporta alla cruda realtà, con il suo erotismo fortemente segnato da concetti di classe, attraverso cui denuncia la concessione che del sesso ha la borghesia in generale, e la donna borghese in particolare, femmina questa pronta a mettersi in mostra ed a scambiare i suoi beni sessuali con beni sociali. Le donne di Zara non hanno una fisionomia definita, il volto non è mai completo così che non hanno una loro personalità, ed in esso solo la bocca è ben evidenziata, così come lo sono il sesso e le natiche.

Mancano di una vera identità perché il loro vero essere è da Zara tutto affidato ai recessi sessualmente utilizzabili delle donne, cui fa assumere a volte pose innaturali ed acrobatiche per mettere in mostra la loro disponibilità. Zara è tutt'altro che ottimista, e ferma il suo erotismo attraverso una sua personale fotografica che, come nel caso del lavoro presente nella cartella, ferma le sue spudorate natiche in offerta della sua femmina come punto centrale del suo interesse; altre volte si è calato nei panni del pervertito, del voyeur, del sadomasochista, in raffigurazioni dove l'uomo è ridotto a cibo e/o macchina erotica.

Manlio Gaddi, (critico d'arte) Padova settembre 1984 Giorgio Baffo poesie (illustrazioni di Ulderico Manani, Pietro RIcca, Tono Zancanaro, Carlo Zara)

Viviamo, si dice quasi in coro, tempi senz’altro tristi per il mondo dell’arte. I giovani soprattutto, si ripete, sembrano finiti in un mare di grigiore ecc. ecc.

Ma grazie proprio ai giovani l’arte vive, direi, la sua propria eterna giovinezza.

E’ ancora “un caso”, diciamo, mi conferma in questa mia convinzione. Mi riferisco, per essere chiaro, all’opera attuale di Carlo Zara, collega e amico padovano, non più giovanissimo- se vogliamo- ma giovane senz’altro, artista che seguo con sempre maggiore interesse da qualche anno.

Vorrei mettere l’accento su un particolare davvero singolare. Il “giovane” Zara è senz’altro un figlio- da protagonista, si capisce- di quel “68” che si era “proposto” come compito primo di fare tabula rasa di ogni regola o principio quanto all’arte, pittura, scultura, ecc. ecc. Ebbene, anche o proprio per l’amico Zara il tempo ha lavorato in modo giusto. E il suo mondo pittorico è arrivato ad un traguardo, che è sicuramente un passaggio o momento, di singolare maturità, di serenità, direi, sempre nel mordente della sua opera.

Tono Zancanaro (pittore) Galleria "Il Fioretto" L’occhio indiscreto/1 Padova 1984

Con i lavori di Carlo Zara , la galleria Fioretto inizia una serie di mostre dal titolo stimolante: l’occhio indiscreto è quello che sa guardare alla realtà senza inibizioni, senza falsi pudori, senza i paraocchi delle convenienze e delle abitudini fossilizzate; che sa riconoscere, al di la del rito, magari anche il più innocente, del quotidiano condizioni di addomesticamento, di sopore, di costrizione della psiche,della fantasia e dell’intelligenza; che sa far emergere al di là dell’artificio della cosmesi e delle apparenze i reali valori di certi comportamenti ormai omologati e che, invece, nascondono tra le pareti del privato la “bestialità” nutrita e resa sempre più nevrotica e incontrollabile da un sociale che rinuncia alla comunicazione, alla partecipazione diretta, all’elaborazione collettiva. L’occhio indiscreto guarda dentro e dietro gli atteggiamenti, ne sottolinea con ironia acuta, e a volte amara, le idiosincrasie, le tensioni, i vuoti, le paure, i feticci. Alla personale di Zara seguirà la mostra dei “Generali” di Albino Palma, una satira graffiante sul potere militare come metafora di ogni presunzione di potere totalitario dell’uomo sull’uomo. Carlo Zara non espone da molti anni i suoi lavori.

E’ un grafico illustratore di eccellenti qualità, che si è espresso al meglio nell’impegno culturale e politico al di fuori dei canali del mercato dell’arte, attraverso i giornali, nell’illustrazione dei testi. Torna ad esporre in galleria perché sollecitato a mostrare i tantissimi fogli accumulati dentro le cartelle: soprattutto meditazioni grafiche sul valore dell’esistenza, illustrazioni per immagini spesso accompagnate da o ispirate a citazioni di nuovi filosofi o antichi saggi. IO credo che Zara si trovi nella condizione psicologica di chi si scopre a meravigliarsi i essere ancora vivo e di poter ancora godere del sole, della parola e dell’amore dopo la crisi dell’ideologia, dopo il consumarsi in cenere, tra dolori, ansie, paure, dell’impegno politico romantico con cui voleva la trasformazione del mondo. In questa condizione torna a guardare la realtà, il quotidiano, e sente i riti giornalieri come una gabbia dalla quale, almeno per ora, non gli è possibile uscire con nuove ali di utopia, col grande sogno di una volta. Così l’occhio critico, l’esacerbata ironia e insieme la voglia di tornare in gioco, di ricaricare la propria molla esistenziale, si rivolgono alla realtà per riappropriarsi dei significati eri del quotidiano togliendo i veli dell’abitudine, mostrando il sentimento della realtà dietro la maschera. Dagli atteggiamenti di singoli personaggi colti quasi isolati dal contesto, ma ad esso rinviati per lo più da un testo scritto a lato o da una citazione (più spesso di F. Nietzsche)) è passato a sviluppare più recentemente il tema di interni (abitazioni, ferrovie, metropolitana) in cui si celebrano i riti quotidiani: l’eros, la violenza, il consumo televisivo, la contemplazione dei propri incubi, l’esercizio dell’autodisfacimento in mezzo all’indifferenza più totale. Lo stile grafico-pittorico di Zara indubbiamente risente della stagione più felice dell’espressionismo, della lezione di George Grosz, di Otto Dix e di Max Beckmann soprattutto, ma sviluppa tensioni surrealiste capaci di soddisfare, con la pur sempre presente volontà di incidenza sociale, anche il suo bisogno di autoironia, di liberazione caustica del gesto a tastare i mostricciattoli, gli oscuri fantasmi del desiderio, i sintomi della lascivia, le piccole esplosioni e i giochi privati del “travet” sulla giostra della vita. Naturalmente le immagini di Zara sono allarmanti, mettono in agitazione meccanismi di riconoscimento che vorremmo respingere nel fondo, lontano dal fuoco dell’attenzione. Ma proprio per questo giungono anche liberatori, utili a stimolare una consapevolezza nuova che può essere di innesco per un riscatto almeno a livello presonale.

Giorgio Segato (critico d'arte, scrittore) L’occhio indiscreto/1 Galleria Al Fioretto 1984

Carlo Zara delirante specchio delle umane perversioni.

Sarebbe riduttivo definire satiriche le tavole eseguite all'acquarello da Carlo Zara, benché per linguaggio e soluzioni formali, per taglio ideologico e finalità critica esse partecipino di quello spirito caustico e dissacratorio proprio della satira.

A confrontare i fogli di Zara con quante immagini produce l'umorismo italiano, risulta l'inadeguatezza della categoria espressa per la galleria visionaria del disegnatore padovano. l quale alla battuta preferisce il non-sense e lo straniamento; all' humor bianco o rosa quello nero e vermiglio con velatura violacee; all'ammicco allusivo e mordicchiante il simbolo denso e talora persino truculento; al bersaglio d'attualità individuato per lo più tra personaggi e situazioni pubblici e istituzionali, l'obiettivo sommerso e obliquo, le mitomanie e le aberrazioni quotidiane sottese ai comportamenti stereotipi e alle para-devianze omologate dal costume, insomma l'orrore paludato della dissociazione inibita, della follia sublimata in ritualità collettiva o nelle forme "tollerabili" d'una diversità resa innocua, perché depotenziata dal riconoscimento e dalla identificazione sociale.

Se si considera che la carica aggressiva e di denudamento psicologico attivata dai disegnatori correnti è virulenta tanto da preoccupare, per sospetto appannamento dell'immagine, quei personaggi che non ne siano periodicamente l'oggetto, non ci si meraviglierà che Zara rifiuti le accezioni consuete e gastronomiche dell'umorismo, e preferisca gli approdi dell'orrido e del grottesco, dell'onirico e dell'assurdo rivelatori di nodi e ingorghi psichici. E che vi immetta anche quella dose di lucida "crudeltà" che gli consente di dominare il processo critico, il meccanismo proiettivo, il complesso delle implicazioni di senso per risolverle in linguaggio visivo, in delirante specchio delle umane perversioni.

Credo anch'io, come Giorgio Segato che di Zara è stato il primo intelligente "lettore", che queste figurate ossessioni siano in qualche misure liberatorie, nella misura in cui veicolano un vissuto più o meno calato nel crogiuolo plumbeo degli ultimissimi decenni di storia italiana. Ma non le motiverei esclusivamente in termini generazionali, come valvola compensativa di tensioni frustrate sull'onda lunga del riflusso post - settantottesco e oltre. Mi par che Zara travalichi i limiti situazionali e personali, pur reperibili, per accedere a una contestualità esistenziale di ampia tangenza. Che insomma egli vada componendo, attraverso una sintassi ove convergono suggestioni e depositi culturali eterogenei, un impietoso ritratto del nostro tempo, un graffito che richiama, come è stato giustamente notato, l'esempio alto di Grosz e Dix.

Nicola Micieli (critico d'arte) Eco 25 (Eco d'arte moderna, n. 53 11/12-1985)

Estratto di questo articolo anche su: Segnalati a 85 lo scaffale di eco d’arte moderna

Carlo Zara delirante specchio delle umane perversioni.

Sarebbe riduttivo definire satiriche le tavole eseguite all'acquarello da Carlo Zara, benché per linguaggio e soluzioni formali, per taglio ideologico e finalità critica esse partecipino di quello spirito caustico e dissacratorio proprio della satira.

….alla battuta preferisce il non-sense e lo straniamento; all' humor bianco o rosa quello nero e vermiglio con velatura violacee; all'ammicco allusivo e mordicchiante il simbolo denso e talora persino truculento; al bersaglio d'attualità individuato per lo più tra personaggi e situazioni pubblici e istituzionali, l'obiettivo sommerso e obliquo, le mitomanie e le aberrazioni quotidiane sottese ai comportamenti stereotipi e alle para-devianze omologate dal costume….

A Sesto Fiorentino abbiamo visto uniti un trio di eccezione Carlo Zara, Franco Berretti e Luciano Borin: acquarelli “satirici” (ma non troppo); sculture drammatiche in marmo e supporti d’acciaio inossidabile; pestelli e olii come documenti del “giornaliero”. La collettiva, Sguardi sull’Uomo, è da inquadrarsi fra le migliori attività del centro di cultura Casa del Guidi, casa che ha decisamente imboccato la via della qualità in materia d’esposizioni d’arte figurativa.

Eco D’Arte 1985 F.N.

 

Sguardi sull’uomo: ecco il titolo d’una mostra lineare che ha accumunato gli acquarelli di Carlo Zara, i pastelli e gli olii di Luciano Borin, le sculture in marmo su supporti d’acciaio inossidabile e legno di Franco Beretti, I tre hanno scelto l’esistere oggi per tema delle rispettive poetiche. Sintetizzando, ha il portato della caricatura, d’una pronunciata e vivida satira, l’opera del padovano Zara, mentre Berretti ci parla espressionisticamente d’umani drammi e paure. Nel mezzo si pone la realistica “impassibilità”- che non è fotografia- di Borin. Il terzetto lo ha ospitato la Casa del Guidi, centro espositivo a Sesto Fiorentino che persegue da qualche tempo un buono e vasto programma culturale.

Dino Pasquali CONTEMPORANEA MODENA Parodiando che male vi fo ? (collettive in Toscana) 1985

Carissimo Zara,

assolvo la promessa che feci a Tono Zancanaro di presentare i tuoi acquarelli alla prima occasione: Tono ti voleva bene e ti stimava e quello che è entrato nel cuore di Tono ha le chiavi del mio. Lo faccio ben volentieri condividendo le idee sapienti e iconoclaste del vecchio amico e maestro, un dissacratore dei miti e beffardo nelle retoriche, che ha impartito lezioni di disegno e pittura a tre generazioni. Tu sei stato dell'ultima, il prediletto. Si divertiva e si meravigliava di come tu affrontassi l'argomento donna e i riducessi prima al riduttivo dell'organo sessuale per poi esaltarlo all'unico tramite di contemplazione del mondo. Un mezzo obbligato per conoscere e per riconoscere gli istinti primordiali della vita.

Grotteschi gli atteggiamenti, deformati e cancellati i tratti del volto delle figure, esagerati i caratteri primarii del disegno: insomma l'ottica tua è bifocale e convessa, nonostante che tu sei un disegnatore finissimmo, rispettoso nell'intimo ei canoni fondamentali e un colorista misurato- fors'anche melanconico chiarista.

Ugo Moretti (scrittore, sceneggiatore, giornalista, protagonista del neorealismo italiano) galleria d'arte "il Babuino" Roma 1985

Il mondo grafico di Carlo Zara si è andato espandendo man mano che il segno ha abbandonato l'intenzione esclusivamente politica per sondare gli spazi interiori dell'immaginazione, gli incubi, le ossessioni, le persistenze dei sogni, la libertà associativa della fantasia, che fonde stimoli esterni a impulsi psichici, tensione sociale e culturale e insorgenza emotiva. La denuncia del disagio esistenziale non riguarda più soltanto alla realtà esterna, in un processo di tesa e raffreddata oggettivazione, ma c'è presa di consapevolezza del coinvolgimento diretto e inevitabile della propria psiche, del proprio vissuto, e il conseguente maturare di una disponibilità ad esplorare, a tastare con "passione" i nuclei espressivi profondi, a lasciarli emergere a coscienza dolorosa dell'esistere, della paura di esistere, per conoscerne i limiti, gli spessori, le radici, per verificarne il rapporto con la realtà circostante e quotidiana. Dalla proiezione verso l'esterno, che cercava emblemi, figure note, immediatamente riconoscibili su cui scaricare con un segno nervoso, ripetuto e tormentato il senso dell'inquietudine, dell'insofferenza, del malessere sociale e politico (gli uomini del potere, Fanfan e la Tulipe), e poi dall'illustratività di netto taglio politico e sociologico in rapporto a eventi di esperienza quotidiana, in cui il segno a volte si intenerisce e s'espande nella guache e nelle diluizioni a pennello, Zara è trascorso a una maturità di contenuti e di stile che riesce a fondere, in una "imagerie" fantastico-surreale, lo spazio interno e lo spazio esterno, la stanza privata della storia intima luogo della vita e dei comportamenti sociali, politici, culturali. Il foglio diventa scena, si anima di quinte, di prospettive, di inquadrature tagliate a effetto, e di eventi, di figure, di atmosfera cromatica di forte suggestione per le caratteristiche velature e trasparenze dell'acquarello. Il gesto secco e insistito della china a tratto corrispondeva a una più netta, esplicita e orientata affermazione politica, non tanto o non solo come dichiarazione "di parte", ma come messa a fuoco della "parte contro la quale" essere: una classe politica che appariva sempre più corrotta e intrappolata dalla connivenze e dalle convenienze mafiose o dagli interessi partitici, un ceto medio borghese affamato di denaro e di beni di consumo, intellettuali in vendita, magistratura che appariva disancorata dal diritto e in balia al potere occulto che controllava politica e finanza, e così via, in un'attestazione inequivocabile di schieramento, che poi è la stessa di tanta gioventù "sessantottina", alla quale, quelli che allora come oggi stavano alla finestra a guardare cosa accadeva nel mondo muovono tante accuse e tanto violente rampogne. Ancora una volta si cerca di rimuovere la coscienza della colpa per l'utopia tradita; il sogno rivoluzionario, egualitario e libertario, autenticamente internazionalista del movimento studentesco e operaista degli inizi viene negato, affossato, orwellianamente cancellato, colpevolizzando la parte più vivace, disponibile e fervida di una generazione in ragione di quanto- in una "escalation" che non pareva trovare arresto per la mancata presa di posizione di una controparte imboscata- è accaduto dopo, negli anni del terrorismo, in cui organizzazioni eversive a livello internazionale hanno avuto buon gioco, manovrando una gioventù fortemente intaccata dal complesso di Edipo (desiderio di uccidere il padre per sostituirsi alla di lui autorità), in una società fortemente malata del complesso di Laio (assenza dell'esercizio di autorità paterna per timore che il figlio uccida il padre); fino a che il "padre" tanto odiato, incompreso, ripudiato tante volte - non il governo, la società o il "sistema"- ma il partito comunista, emblema storico delle aspirazioni rivoluzionarie, non ha assunto la funzione punitiva, coalizzandosi con le forze governative contro la spietatezza di un terrorismo che aveva ormai perso qualsiasi contatto con la realtà sciale e politica generale.

Questo è il quadro "storico" che ha nutrito e cresciuto le tavole grafiche di Carlo Zara, spingendolo sempre più nell'angolo del ring della sua militanza, fino a farlo cadere in se stesso, nella crisi più nera e più grave di identità, ma anche nella condizione pregiudiziale di poter intraprendere un nuovo "viaaggio" intellettuale ed emotivo, un viaggio di rilettura e di ricostruzione dall'interno all'esterno, dalle paure, dalle tensioni, dalle ossessioni della psiche ala ripresa di contatto con la realtà e con nuove possibilità di progetto e di utopia.

In questo nuovo viaggio, Zara cerca guida e sostegno nella lettura di scrittori e filosofi a lui congeniali (Schopenhauer, Nietzsche, Cioran), che egli cita lasciando sui fogli interi passi a titolo e motivazione del lavoro, riattraversa le stagioni dell'arte fantastica e onirica (la serie dei D'après Bosch), e approda all'emozione erotica permeante e insieme scardinante le più antiche paure, più nevrotica che nervosa, ossessiva, ma liberatoria al tempo stesso, perché investe, ricuce, riqualifica tutto il vissuto e trova una via libera allo sfogo, all'ironia che rasenta parossismi grand-guignoleschi, a una satira di costume che innerva e scarica una sensualità dilatata sulle cose attraverso il tempo e lo spazio.

Giorgio Segato (critico d'arte, scrittore) L'ironia del segno Civica Galleria di Pazza Cavour 1985

Il ritorno di Carlo Zara

«Niente è meglio di un'osteria dai sapori antichi e dalle frequentazioni convinte e condivise di tanti amici per sottolineare un pubblico ritorno che sarebbe stato freddo, chiuso e per i soliti addetti, qual è spesso l'ambiente delle gallerie d'arte. E' dunque in questa cornice che Carlo Zara riemerge dopo tanti anni di intimissima navigazione per'mostrare' cedendo alle forzature di chi gli vuole bene, il suo ultimo percorso solitario sostenuto tra mille interrogativi al chiuso del suo appartamento/studio della Guizza». E' un brano della presentazione che Elio Armano ha scritto per la mostra dedicata all'artista padovano Carlo Zara. Mostra che viene inaugurata oggi alle 18 alla Risorta Osteria del Refosco in via Cassan, 5 e che sarà ufficialmente aperta da domani al 5 giugno dal lunedi al sabato, dalle 10 a mezzanotte. Una personale fortemente voluta e organizzata da un solido gruppo di storici amici di Carlo, tra i quali (e senza far torto agli altri), Alberto Grinzato dell'Anfora ed Elio Armano. Zara, 66 anni, maestro per lunghi anni e altrettanto a lungo insegnante in carcere, ha già esposto nei tempi in cui di cimentava con «con una figurazione fatta di segni politici e di protesta», ricorda Armano.

Il Mattino 2010

“Le stagioni dell’anima” di Zara all’Osteria del Refosco

Carlo Zara, artista e pittore padovano, ritorna ad esporre. S’intitola “Le stagioni dell’anima” la mostra allestita da oggi al 5 giugno a “La Risorta Osteria del Refosco” di via Cassan a Padova organizzata da Alberto Siche. “Per chi aveva visto Carlo Zara cimentarsi trenta anni fa, con una figurazione fatta di segni politici e di protesta, trovarsi oggi davanti ad una pittura ricca di materia apparentemente astratta, è come vedere passare la corale disillusione di chi è stato costretto alla rinuncia. A registrare la fine della fede nel progresso, dell’inganno delle ideologie- dice Elio Armano-. Carlo ha impastato i colori con la polvere della politica senza sogno e progetto. Ha lavorato come sotto il segno del Goya più vecchio, ha steso giorno dopo giorno strati di colore con la sola compagnia dei dischi più cari” Quadri come atti di libertà, testimonianza scura e sofferta o solare e coloratissima.

Il Corriere del Veneto 15/05/2010

 

Autore, negli anni Settanta e Ottanta, di una lunga serie di disegni a china di satira politica, Carlo Zara aveva poi imboccato anche la strada della pittura. Umorale, sempre all’ombra dell’inquietudine e un po’ orso, se capitava sapeva essere un grandissimo affabulatore capace di rapire per ore l’attenzione di un’intera tavolata parlando del Qoelet (testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana), uno dei suoi tanti interessi. Nel maggio del 2014 un gruppo di amici, tra cui Alberto Grinzato dell’osteria all’Anfora ed Elio Armano, avevano organizzato una mostra dei suoi quadri. Bellissimi.

Mattino di Padova 21/07/2015

Domani l'addio a Carlo Zara, 72 anni, a lungo maestro elementare e insegnante in carcere, pittore, uomo d'arte e cultura, trovato morto l'altro ieri nel suo appartamento in via Redi alla Guizza. Stroncato dal grande caldo che ha indebolito fino a stremare il suo organismo già provato. Domani a partire dalle 11 e fino alle 15 si potrà salutare Carlo all'obitorio in via Cornaro; poi il trasferimento al Cimitero maggiore dove, alle 15.20, è prevista una cerimonia laica di addio nella sala del Commiato. L’addio a Carlo Zara domani nella sala del Commiato

Il Mattino di Padova 23/07/2015